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La guida completa per comprendere il protocollo di Kyoto e l'impegno per il clima

29/03/2022

La guida completa per comprendere il protocollo di Kyoto e l'impegno per il clima

L’accordo di Kyoto è stato uno degli eventi più importanti nell’impegno dell’umanità per il clima, una base fondamentale per la definizione delle successive strategie di salvaguardia dell’ambiente. Si tratta del primo atto ufficiale con il quale la maggior parte dei paesi del mondo ha deciso di agire in maniera condivisa, prendendo coscienza del problema climatico.

Il trattato climatico è stato la base del futuro Accordo di Parigi sul clima, un ulteriore passo in avanti nella lotta per salvare il pianeta. Comprendere cos’è il protocollo di Kyoto è essenziale per una maggiore consapevolezza sulla questione ambientale, per capire come i vari Stati si stanno adoperando per diminuire le emissioni di carbonio attraverso modelli di sviluppo sostenibile.

Che cos’è il protocollo di Kyoto

Il protocollo di Kyoto del 1997 è un accordo internazionale sull’impegno dei paesi firmatari nella riduzione delle emissioni di CO2, per contrastare l’effetto serra dovuto alle attività antropiche e limitare il riscaldamento globale. L’accordo è stato raggiunto l’11 dicembre 1997, tuttavia è entrato in vigore solo nel 2005 dopo la ratifica della Russia.

L’evento si è tenuto in Giappone durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ed è oggi uno strumento giuridico indispensabile per tutte le decisioni di riduzione delle emissioni climalteranti. Il protocollo di Kyoto introduce due novità importanti:

  • obiettivi specifici di diminuzione delle emissioni di gas serra (almeno il 5% nel periodo tra il 2008 e il 2012);
  • scambio dei crediti di carbonio tra i paesi industrializzati e i paesi in via di sviluppo attraverso un’azione congiunta.

Quali paesi non accettano i vincoli del protocollo di Kyoto?

Per diventare effettivo, il protocollo di Kyoto doveva essere ratificato da almeno 55 nazioni, le quali dovevano essere responsabili per almeno il 55% della produzione di emissioni inquinanti. L’accordo, dopo alcuni anni, raggiunse l’adesione di 176 paesi del mondo, i quali contribuiscono per oltre il 63% delle emissioni di gas serra globali.

Tra i paesi firmatari ci sono:

  • Unione Europea
  • Brasile
  • India
  • Russia
  • Giappone
  • Cina

L’Australia fu uno degli ultimi paesi a firmare l’accordo internazionale, tuttavia ne uscì non ratificando il trattato, come del resto fece anche il Canada, uno dei grandi paesi che firmarono ma non ratificarono l’impegno climatico. Pur essendo responsabili per il 36,2% delle emissioni globali di gas serra, gli Stati Uniti non aderirono al protocollo di Kyoto.

Cosa prevede il protocollo di Kyoto

Innanzitutto, con il protocollo di Kyoto vengono individuati i gas climalteranti più dannosi per il pianeta, per i quali vengono stabiliti specifici obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 equivalenti. Si tratta in particolare di:

  • anidride carbonica (CO2);
  • metano (CH4);
  • protossido d’azoto (N2O);
  • idrofluorocarburi (HFC);
  • perfluorocarburi (PFC);
  • esafluoruro di zolfo (SF6).

I paesi che hanno ratificato l’accordo devono prima di tutto monitorare le emissioni di questi gas climalteranti, adottando un sistema nazionale di rilevamento dei gas serra. Dopodiché, è prevista la riduzione di almeno il 5% di emissioni entro il 2012 rispetto ai livelli del 1990, con alcune eccezioni per i paesi in via di sviluppo come la Cina e l’India.

Alcune nazioni europee riuscirono a superare questo obiettivo, dimostrando di fatto che si trattava di un target raggiungibile adottando delle strategie adeguate di riduzione delle emissioni inquinanti. Altri paesi invece non conseguirono l’obiettivo fissato dal protocollo di Kyoto, come l’Italia che secondo il rapporto Ispra del 2016 riuscì a diminuire le emissioni solo del 4,6%, mentre l’impegno nazionale prevedeva una riduzione del 6,5%.

L’evoluzione del trattato climatico del 1997 avvenne nel 2015 con l’Accordo di Parigi sul clima, con il quale venne fissato l’obiettivo di limitazione del riscaldamento globale entro 2°C, possibilmente entro 1,5°C. A questi accordi internazionali si aggiungono gli impegni nazionali dei singoli paesi, oltre a quelli continentali come il Green Deal europeo che punta a diminuire le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto al livello del 1990.

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