Allevamenti intensivi e inquinamento

15/09/2022

Allevamenti intensivi e inquinamento: tutta la verità

L’inquinamento degli allevamenti intensivi è una questione che non suscita spesso una grande attenzione. Quando si parla di inquinamento atmosferico come causa dell’effetto serra, infatti, il più delle volte ci si riferisce appena alle emissioni di gas climalteranti prodotte dai combustibili fossili come il petrolio, il carbone e il gas.

Eppure, l’inquinamento di un allevamento intensivo rappresenta un rischio elevato per la terra, l’aria e l’acqua, in quanto è in grado di contaminare tutta la biosfera. Cerchiamo di fare chiarezza sull’argomento, per comprendere il reale impatto di questi sistemi di allevamento del bestiame ed essere in grado di compiere scelte più sostenibili e informate.

Perché gli allevamenti intensivi inquinano?

L’inquinamento dell’atmosfera, che causa una serie di fenomeni che mettono a rischio il pianeta e la vita sulla terra come il riscaldamento globale e il cambiamento climatico, è dovuto principalmente alle attività umane. In particolare, l’utilizzo di fonti fossili provoca l’immissione dell’atmosfera di enormi quantità di gas in grado di alterare il clima della terra.

Tuttavia, i gas ad effetto serra sono emessi anche da altre attività come gli allevamenti intensivi di animali. Per capire come inquinano gli allevamenti intensivi bisogna analizzare questa modalità di zootecnia industriale, la quale comporta la presenza di un elevato numero di animali in uno spazio ristretto, una condizione che richiede grandi quantità di mangime, l’utilizzo esteso di farmaci e un consumo considerevole di acqua.

Oltre a questo tipo di impatto ambientale, gli allevamenti intensivi producono ingenti quantità di escrementi animali. Queste deiezioni causano la produzione di gas serra più pericolosi dell’anidride carbonica, come l’ammoniaca e il metano, in quanto persistono più a lungo nell’atmosfera e hanno una maggiore capacità climalterante rispetto ai gas serra generati dalla combustione delle fonti fossili.

Quanto inquinano gli allevamenti intensivi?

Secondo l’Ispra[1] , gli allevamenti intensivi producono il 75% delle emissioni di ammoniaca in Italia, rappresentando la seconda fonte di polveri sottili dopo il riscaldamento[2] . In base a un rapporto di FAIRR Iniziative[3] , invece, gli allevamenti generano il 44% delle emissioni globali di metano, con appena 9 grandi aziende del settore su 49 compagnie che monitorano queste emissioni.

Il contributo di ogni tipo di animale è differente, come emerge dal Focus sulle emissioni da agricoltura e allevamento dell’Ispra a cura di Eleonora Di Cristofaro. Per quanto concerne le emissioni di ammoniaca, il 30,2% provengono dall’allevamento delle vacche da latte, il 14% dai suini e il 12,1% dagli avicoli, mentre il 32,1% da altri bovini allevati dall’industria zootecnica.

Complessivamente, gli allevamenti causano il 79% delle emissioni di gas serra nel settore dell’agricoltura, di cui il 47% proviene dalla fermentazione enterica (processo digestivo con cui i microorganismi scompongono i carboidrati in molecole semplici facilmente assorbibili producendo gas di scarto), il 18,8% dalla gestione delle deiezioni e il 27,6% dai suoli agricoli per le coltivazioni.

Un dato preoccupante riguarda il mancato miglioramento delle emissioni di gas serra negli allevamenti. Come riportato da Greenpeace[4] , il comparto non ha realizzato nessun tipo di riduzione delle emissioni di polveri sottili negli ultimi 16 anni, anzi i livelli di inquinamento sono aumentati, a fronte di una diminuzione da parte di altri settori come il trasporto su strada, l’industria e l’agricoltura.

Inquinamento dell’allevamento intensivo: i rischi per la salute e l’ambiente

Recentemente, un allarme sui rischi per la salute dell’uomo, la società e l’ambiente legato agli allevamenti intensivi è stato lanciato dall’Isde[5] , l’Associazione Medici per l’Ambiente. In un apposito position paper sono stati analizzati gli allevamenti intensivi e biologici, per fornire delle indicazioni utili ai decisori politici sulle forme di zootecnia più sostenibili nell’ambito della strategia di sostenibilità del Green Deal europeo.

In particolare, i danni degli allevamenti intensivi identificati dall’Isde sono:

  • rischio di zoonosi, in quanto l’alta concentrazione di animali in un luogo ristretto aumenta il rischio di malattie, alcune delle quali possono passare agli essere umani;
  • contribuzione allo sviluppo della resistenza antimicrobica, poiché gli animali hanno difese immunitarie basse e richiedono un utilizzo ingente di medicinali, con il rischio dello sviluppo di nuovi virus resistenti agli antibiotici;
  • sottrazione di risorse alimentari ad uso umano, a causa della necessità di dedicare grandi appezzamento di terra alla coltivazione del mangime per gli animali, sottraendo terreno fertile e risorse all’alimentazione umana;
  • impatto ambientale delle coltivazioni per gli animali, con la FAO che denuncia questa pratica insostenibile che provoca da un lato problemi di obesità e dall’altro milioni di persone denutrite senza accesso al cibo;
  • consumo d’acqua eccessivo legato a tutti gli animali allevati, a prescindere dalla tecnica utilizzata;
  • inquinamento idrico che risulta direttamente proporzionale rispetto al numero di animali allevati;
  • consumo di terreni e deforestazione, due fenomeni che aumentano le emissioni di gas serra e degradano il suolo;
  • riduzione della biodiversità e alterazione delle biosfera;
  • emissioni di gas climalteranti che contribuiscono al riscaldamento globale e accentuano il cambiamento climatico;
  • effetti negativi sulla pesca in mare e l’acquacoltura, a causa dei danni provocati agli ecosistemi acquatici e marini.

Allevamento intensivo e inquinamento: le soluzioni sostenibili

Per ridurre l’inquinamento degli allevamenti intensivi l’unica soluzione è diminuire il consumo di carne, una scelta responsabile e sostenibile che ha effetti su tutta l’industria zootecnica. Purtroppo, infatti, anche gli allevamenti biologici hanno un impatto ambientale significativo, perciò non rimane che cambiare le proprie abitudini alimentari.

Diminuire il consumo di carne e di prodotti di origine animale ha una ricaduta importante sulla salute e l’ambiente, con la possibilità di aumentare il consumo di alimenti di origine vegetali. Un’altra soluzione è la carne vegetale sintetica, prodotti che imitano il sapore della vera carne realizzati ad esempio con le proteine della soia.

Con Pulsee ogni comportamento sostenibile e positivo per il pianeta viene valorizzato, infatti tra i servizi aggiuntivi alle forniture luce e gas per la casa c’è Carbon Footprint Compensation. Con questa iniziativa le buone abitudini di consumo, che consentono di diminuire le emissioni di gas serra, permettono di acquistare certificati di riduzione delle emissioni con cui finanziare progetti di sostenibilità nei Paesi in via di sviluppo.