Margherita Panziera
“Ciao Margherita”, “Ciao!” subito ti conquista quel Ciao.
Un saluto quello di Margherita Panziera che ti mette allegria. Come si dice è simpatica a pelle. Una bella ragazza, alta e slanciata.
Potrebbe fare la modella, camminata da passerella, da sfilata. Lei sfila in costume e cuffia e la sua prossima esibizione, sotto i riflettori, si chiama Olimpiade: “Sono preparata e ti dico molto cresciuta, come persona e come atleta. Effettivamente so quanto valgo” ha le idee chiare anche sulla responsabilità: “Affronto tutto con lo spirito giusto. Cerco di rimanere più serena possibile.
Ho imparato anche a divertirmi. Ho tanta voglia di fare e le responsabilità me le faccio scivolare addosso”. Scivola addosso anche quella semplicità di espressione che forse ora si chiama maturità: “Se ripenso a quello che ho fatto agli Europei di Budapest, sono proprio sulla strada giusta. È un passaggio per arrivare all’Olimpiade nella maniera migliore.
Ero serena e tranquilla. Il lavoro degli allenamenti comincia a farsi sentire”. Quello che stupisce dalla chiacchierata è proprio la serenità della sua voce, anche su temi che fanno tremare i polsi “la gara olimpica per certi versi è una gara diversa, una gara secca. Il villaggio e l’attuale situazione rendono tutto più difficile. Anzi tutto molto complesso. Attenzione però, paragono tutto alla gara di un mondiale. Di mondiali ne ho fatti e non voglio fare differenze che mi stravolgono. Lo dico a me stessa”. Quel “me stessa” mi fa ragionare nel vedere Margherita per come affronta le gare. Mi ha sempre colpito la sua uscita dall’acqua. Mai uno sguardo triste, mai un gesto inopportuno, mai uno scatto di rabbia (gara andata male) o un eccessivo entusiasmo (gara andata bene), insomma vedi Margherita e respiri tranquillità casalinga, una coperta davanti ad un camino. Ho reso l’idea? Comunque la sua strada non è stata una a quattro corsie “Ho fatto tanti sacrifici. Vivere fuori casa da subito, staccarsi dalla famiglia, dagli affetti non è cosa facile. Farlo da ragazzina, all’inizio fa paura. Devo anche dire che la mia seconda casa è ora la prima: Roma e la foresteria di Acqua Aniene fa molo “famiglia”. Ti confesso che è anche venuto il momento di cercare casa, a Roma”.
Chissà perché quando parla, ora si sente l’accento romano, fa teneramente ridere: “Qui mi alleno, qui è il mio lavoro, qui è la mia vita e qui è …casa. Ripeto non è stato facile, ero molto immatura ma ho imparato subito. Grazie anche al gruppo di ragazze che sono qui e con cui ho condiviso angosce, paure e tanto altro. Ci siamo aiutate. Ammetto pure che è esistita la parola “malinconia”. Ha vinto però la novità e ora che ho il ragazzo tutto è diventato ancora più bello e una gestione che vive per il futuro. Sono molto contenta”.
Lo si vede, traspare in ogni sua battuta, parola. Non sempre capiamo cosa c’è dietro una gara. Noi, il pubblico, chiediamo la prestazione forse senza sapere come un’atleta arriva a quella, a quel risultato senza neppure comprendere il suo cammino e il suo stato d’animo. Noi, sbagliando, pretendiamo. Margherita chiude anche con una sua bella caratteristica competitiva: “Io soffro fino alla fine. È vero, la mia gara è un lento progredire. Il mio allenatore dice sempre la gara finisce quando tocchi.
Allora è finita. Ecco allora la mia gestione…do tutto fino alla fine”. Allora, Margherita, aspettiamo anche noi fino alla fine per un dorso meravigliosamente olimpico.