A che punto è l'energia nucleare in Italia e scenari futuri
L’energia nucleare in Italia è stata per lungo tempo un tema molto dibattuto, fino ad arrivare al termine degli anni Novanta, epoca in cui, dopo il referendum del 1987, le quattro centrali nucleari italiane sono state chiuse, e sono tuttora in via di dismissione.
Tuttavia, l’idea che in Italia si possa ritornare all’energia nucleare in futuro si è ripresentata, e si ripresenta spesso, anche se occorre far fronte alle opinioni contrarie e alla posizione del Governo nei confronti di questa fonte di energia.
A differenza di quanto è avvenuto in diversi paesi dell’Europa e, più in generale, nel mondo, la storia del nucleare in Italia è stata relativamente breve e non ha avuto molte opportunità di ulteriori sviluppi.
Ma è anche vero che i tempi cambiano continuamente, e l’attuale ed enorme domanda di energia potrebbe convincere anche chi non fosse del tutto d’accordo ad accettare il fatto che il nucleare potrebbe essere una delle soluzioni migliori.
In Italia, nel periodo di tempo intercorso tra il 1964 e il 1990, erano attive e funzionanti quattro centrali nucleari, situate a Trino Vercellese, a Caorso, a Latina e a Garigliano, con un picco di produzione di circa 9 Terawattora, vale a dire di molto inferiore a quella che era la produzione di energia nucleare in Europa (e precisamente in GB, Germania e Francia) e negli Stati Uniti.
A seguito dei referendum ai quali, nel 1987, gli italiani furono invitati a partecipare, la possibile realizzazione di altre centrali non venne del tutto vietata, tuttavia sia i nuovi progetti, sia gli investimenti in questo settore divennero molto più complessi e difficili. Questo portò rapidamente ad escludere ogni possibilità di sviluppo, fino alla chiusura definitiva degli impianti già in essere.
In seguito, considerando i pro e i contro dell’energia nucleare in Italia, ci sono stati diversi tentativi di riprendere ad investire nel nucleare quale fonte di energia alternativa e rinnovabile, ma ogni progetto venne del tutto sospeso successivamente al disastro di Fukushima (Giappone).
L’ulteriore referendum del 2011, con il quale la maggioranza degli italiani decise di fermare la costruzione delle centrali nucleari, segnò l’abbandono pressoché totale di questa fonte di energia.
Anche in Italia l’energia nucleare ha sempre avuto i suoi sostenitori, che la considerano un’energia pulita, inesauribile e non troppo costosa. Oggi si sente spesso parlare di nucleare di quarta generazione, ovvero l’ultima generazione degli impianti di questo tipo, e di un eventuale sviluppo del nucleare anche nel nostro paese, finalizzato ad avere centrali efficienti, potenti e sicure.
In realtà, il nucleare nel mondo è arrivato alla seconda generazione, ad esclusione di alcuni impianti definiti di terza generazione, corrispondenti a maggiori prestazioni e ad un più elevato livello di sicurezza, ma non ancora predisposti alla quarta generazione.
Una centrale nucleare sicura dovrebbe essere progettata per evitare gli errori e per resistere agli eventi esterni e naturali. Gli unici paesi che hanno sviluppato una sorta di modello di queste nuovissime centrali nucleari sono la Cina e la Russia, che ovviamente stanno portando avanti, da sempre e ininterrottamente, la ricerca in questa direzione.
I dubbi riguardo alla sicurezza e alla convenienza del nucleare non riguardano esclusivamente l’Italia.
I principali problemi che frenano lo sviluppo sono due: i tempi di realizzazione molto lunghi e i costi elevatissimi. Un impianto nucleare richiede diversi anni per essere completato, e per la quarta generazione non se ne parla prima del 2030: ciò significa che una possibile ripresa dello sviluppo nucleare in Italia riguarderebbe impianti di terza generazione, richiedendo comunque tempo e investimenti notevoli.
È facile intuire che un possibile ritorno al nucleare per l’Italia non sarebbe, almeno per ora, di alcuna utilità nel risolvere i problemi dei costi in bolletta che tutti devono sostenere o della dipendenza energetica nei confronti di altri paesi, primi tra tutti la Russia.
Per quanto riguarda la sicurezza delle centrali nucleari, gli impianti di terza generazione, oggi attivi e funzionanti, sono considerati sicuri e privi di rischi considerevoli, e i futuri impianti di quarta generazione si atterranno a standard molto più severi e precisi.
Esiste però un altro potenziale rischio di cui i paesi che utilizzano il nucleare devono tenere conto, ed è la possibilità che le tecnologie studiate per produrre energia, così come i materiali stessi, vengano in qualche modo convertiti ad uso bellico e militare.
La probabilità che la ricerca possa dirigersi verso la produzione di armi è un rischio effettivo e notevole, a cui occorre far fronte prima di intraprendere la strada dello sviluppo del nucleare, studiando apposite misure restrittive.