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Virtual Water: cos'è e perché è utile conoscerla?

20/04/2023

Consumo consapevole

Virtual Water: cos'è e perché è utile conoscerla?       

Immaginiamo di aver acquistato al supermercato cinque mele, un pacco di riso, una bottiglia di vino e circa 1 kg di formaggi vari e, dopo averli imbustati, aver trasportato gli alimenti fino a casa senza troppa fatica grazie al peso moderato. Ora proviamo invece a immaginare se quegli stessi cibi si fossero trasformati in circa 9.220 litri di acqua subito dopo l’acquisto: trasportarli e consumarli con la stessa facilità e nella stessa quantità di tempo sarebbe stato molto più difficoltoso.

Non si tratta di un immaginario utopico, questo paragone pratico è ciò che si cela dietro al concetto di virtual water. Il termine acqua virtuale, infatti, si riferisce alla quantità di acqua utilizzata per produrre e commerciare i beni di consumo, come anche gli alimenti, in tutte le tappe della filiera produttiva e che è quindi “virtualmente” contenuta in essi.

Il calcolo dell’acqua virtuale non è un’invenzione recente, ma è ancora oggi attuale e perfettamente in linea con gli obiettivi che - specie in questi ultimi anni in cui il problema della siccità è evidente e preoccupante - tutti i Paesi del mondo si sono posti: sensibilizzare l'opinione pubblica sul consumo delle risorse idriche e adottare uno stile di vita più sostenibile per l’ambiente.

Virtual Water - centro di produzione cibo

All’interno dei beni di consumo si nasconde una grande quantità dell’acqua, è l’acqua virtuale

Infatti, il concetto di virtual water risale ai primi anni ‘90 ed è dovuto al professor John Anthony Allan, il quale puntava a promuovere un approccio più consapevole possibile alle risorse idriche. «Per produrre una tazza di caffè sono necessari 140 litri di acqua, tra produzione e trasporto», disse un giorno ai suoi studenti della University of London, introducendo un pensiero semplice ma quanto mai importante. L’utilizzo di questo ragionamento mette in luce il ruolo che l’acqua possiede nello stile di vita di ogni persona, dagli indumenti che acquista a ciò che mangia quotidianamente. Per questo il WWF ha pubblicato un rapporto dettagliato che mostra quanta acqua è nascosta dietro ai singoli beni, specie quelli alimentari, ed evidenzia come quella utilizzata per produrre il cibo costituisca il 90% dell’acqua consumata ogni giorno dalle persone.

Andare a mangiare una pizza con gli amici, acquistare un 1kg di pane o cucinare una bistecca di manzo per la propria famiglia sono azioni che, con un approccio consapevole, possono essere viste in maniera totalmente diversa. Il rapporto WWF, infatti, stima che una pizza margherita costi circa 1.260 litri e un chilo di carne di manzo oltre 15.000 litri. Un ragionamento, questo, che è utile fare in particolare quando si acquistano alimenti di origine animale che, come dimostrato dal WWF, contengono molta più acqua virtuale rispetto agli altri alimenti, in particolare a causa della lunga filiera che si cela dietro questi prodotti. Ne va di conseguenza che preferire cibi meno elaborati, o a km0, può aiutare a ridurre il consumo di acqua di ogni persona.

Quest’ultima affermazione è utile per chiarire e differenziare i concetti di virtual water e water footprint. Sebbene siano strettamente collegati, indicano nozioni diverse: l’impronta idrica, infatti, rappresenta la quantità di acqua utilizzata per produrre beni e servizi e può essere misurata per un singolo processo (come la coltivazione del cotone), un prodotto (per esempio un paio di jeans), un’intera organizzazione, una regione geografica o per un singolo. Essa tiene conto sia dell’acqua diretta che di quella indiretta, ossia: è diretta quella consumata o inquinata durante l’utilizzo di un bene al termine della produzione, mentre è indiretta quella utilizzata o inquinata durante la produzione di tale bene. La virtual water, invece, tiene conto solamente dell’acqua indiretta.

Come è possibile intuire i due concetti sono strettamente correlati, tanto che anche gli studi effettuati per teorizzarli lo sono tra loro. Difatti, è proprio misurando l’acqua virtuale che i ricercatori Arjen Hoekstra e Mesfin Mekonnen hanno calcolato che la water footprint globale dell’umanità è in media 9.087miliardi m3 l’anno. Lo stesso tipo di calcolo è stato eseguito per molti generi alimentari, i cui risultati sono stati riportati nello studio The water footprint of food, ed è possibile misurarlo anche individualmente grazie al calcolatore messo a disposizione da Water Footprint Network.

Virtual Water - centro di produzione

La virtual water tiene conto dell’intera filiera, dalla produzione al trasporto e commercializzazione

Conoscere questi due concetti e iniziare ad adottare un approccio più consapevole verso i nostri acquisti o le nostre abitudini alimentari può contribuire a combattere lo spreco delle risorse idriche, migliorando al contempo la situazione preoccupante in cui questo essenziale bene si trova oggi. Il nostro Paese, infatti, si trova di fronte a lunghissimi periodi di siccità anche nei mesi invernali, a cui seguono ondate di calore già in primavera, che accentuano il problema. Consumare in modo consapevole, dunque, è sempre più fondamentale, nonostante sia parte di un lungo percorso fatto di molte piccole azioni.

È proprio per guidare e incentivare le persone a vivere in maniera sempre più sostenibile che all’interno dell’App di Pulsee Luce e Gas, sono disponibili i servizi della piattaforma AWorld, che supporta la campagna globale contro il cambiamento climatico ActNow delle Nazioni Unite. La startup riesce infatti ad unire l’educazione verso la sostenibilità e la gamification: gli utenti possono partecipare ad alcune sfide sui comportamenti sostenibili, potranno accumulare punti e riceve premi in base ai propri “traguardi sostenibili”. Inoltre, utilizzando l’app Pulsee integrata con i servizi AWorld, sarà possibile calcolare la propria carbon footprint e mettersi alla prova con il percorso L'importanza dell'acqua, composto da sei episodi che educano a un uso responsabile della risorsa idrica.