Innalzamento delle temperature, siccità e soluzioni innovative
Consumo consapevole
La Terra sta diventando sempre più calda e, ogni anno, si registra un nuovo record nell’innalzamento delle temperature. A renderlo esplicito sono agenzie internazionali come Noaa, National oceanic & atmospheric administration, che nel suo Report 2022 ha classificato lo scorso anno come il sesto anno più caldo mai registrato dal 1880.
Tutto ciò contribuisce ad accelerare il ciclo dell'acqua, la cui disponibilità diminuisce sempre di più fino a far emergere un problema di siccità che colpisce interi Paesi, tra cui anche l’Italia. Anche in periodi in cui le temperature si abbassano in modo consistente come quello che sta vivendo attualmente l’Italia - basti pensare che il mese di gennaio che è risultato 0,96°C più caldo della media trentennale 1991-2020 - le precipitazioni sono poche, aggravando la situazione di siccità. Nel nostro Paese, il fiume Po è a secco - segnala Coldiretti - e in alcuni punti, come a Ponte della Becca (Pavia), si trova a -3,2 metri rispetto allo zero idrometrico, con rive ridotte a spiagge di sabbia.
Ciò danneggia inevitabilmente la filiera agroalimentare, che ha bisogno di molta acqua per riuscire a soddisfare i bisogni della popolazione globale, peraltro in costante aumento. L’urgenza nel gestire la situazione del nostro territorio - la quale influisce pesantemente sull’agricoltura e, di conseguenza, sul commercio del Made in Italy - sembra non esserci. Una soluzione adeguata potrebbe essere il sistema degli invasi (bacini costruiti artificialmente per raccogliere e conservare l’acqua piovana), ma il piano per la realizzazione di 10mila invasi presentato da Anbi e Coldiretti è stato concretizzato finora soltanto al 2%. Il piano, se fosse realizzato nella sua totalità, inciderebbe positivamente sulla situazione italiana di accumulo delle acque piovane, oggi ferma all’11% ma che, grazie agli bacini di accumulo, potrebbe toccare il 30% o più. Il 60% rimanente, afferma il direttore generale di Anbi, Massimo Gargano, sono invasi aziendali e quindi realizzati da privati con cofinanziamento pubblico.
A questa situazione va sommata la scarsa efficienza della rete idrica italiana, che perde circa un miliardo di metri cubi d’acqua all’anno. In tutto il 2020, per esempio, sono andati dispersi 0,9 miliardi di metri cubi: pari al 36,2% del totale, con una perdita giornaliera di 41 metri cubi al km.
La risoluzione dei problemi legati alle perdite idriche, insieme agli invasi, potrebbe migliorare lo spreco economico del nostro Paese e risollevare il settore agroalimentare, il maggiormente colpito in maniera diretta. Coldiretti, in questo senso, evidenzia che un terzo del Made in Italy a tavola è a rischio, specie perché la Pianura Padana, oggi in grave crisi idrica, produce molti dei prodotti italiani più commercializzati. Per confermare come la siccità stia avendo effetti devastanti nel settore alimentare è rappresentativo il dato economico: la crisi idrica è costata all'agricoltura italiana 6 miliardi di euro, pari al 10% della produzione agroalimentare nazionale.
A tutto ciò, deve essere aggiunta la dipendenza da un numero limitato di colture, poiché da tempo vengono seminati principalmente riso, mais e frumento. La perdita di biodiversità rende l’agricoltura vulnerabile ai parassiti, alle malattie e, soprattutto, meno resiliente alla siccità e ad altri disastri naturali.
Per tentare un'inversione di rotta gli agricoltori di tutto il mondo stanno sperimentando cinque colture resistenti a situazioni climatiche disagevoli, compresa la scarsità di acqua, la maggior parte molto utilizzate un tempo ma ora dimenticate. Per esempio l'amaranto, riscoperta da alcuni agricoltori indigeni, una pianta interamente commestibile e che riesce a sopravvivere con scarsissime quantità di acqua. Inoltre è altamente nutriente. In Africa occidentale, invece, viene coltivato da migliaia di anni il fonio, un cereale simile al miglio e il cui gusto si avvicina a quello del couscous o della quinoa. Oggi si presta particolarmente attenzione a questo prodotto per la sua resilienza alla siccità e alla capacità di crescere in terreni poveri. Ci sono poi i fagioli all’occhio e il taro - un tubero molto simile alla patata -, ortaggi che sopportano molto bene il calore e la siccità, oltre ad essere interamente commestibili.
Infine, c’è la Kernza, una pianta nuova - a differenza delle altre - perchè è stata coltivata specificatamente per resistere ai cambiamenti climatici dal Land Institute. I ricercatori stanno studiando la pianta per migliorarne la resa, promuovendola come coltura alternativa, poiché è una coltivazione cerealicola perenne, non deve essere ripiantata ogni anno, le sue radici aiutano a contrastare l’erosione del terreno migliorandone anche la struttura e, infine, assorbono il carbonio dannoso dall’aria contribuendo alla lotta contro la crisi climatica.