Great Pacific garbage patch: l'isola di rifiuti in mezzo al Pacifico
Anni di utilizzo dei materiali plastici hanno causato un massiccio inquinamento degli oceani. L’ingente quantità di plastica presente negli oceani, insieme all’azione delle correnti oceaniche, hanno portato alla creazione di una gigantesca isola di plastica nel Pacifico, anche conosciuta come Great Pacific Garbage Patch o Pacific Trash Vortex.
Si tratta di un immenso accumulo di rifiuti plastici, nel quale durante il corso degli anni si è formato un vero e proprio ecosistema unico nel suo genere. Vediamo quali sono le caratteristiche dell’isola di rifiuti nel Pacifico, dove si trova esattamente e se esistono delle soluzioni per eliminare questo problema ambientale.
L’isola di immondizia si trova nell’oceano Pacifico ed è formata per lo più da plastica, un derivato del petrolio e uno dei materiali più utilizzati sul pianeta. Dal Secondo Dopoguerra in poi la nostra società ha impiegato i materiali plastici per qualsiasi tipologia di prodotto: imballaggi, abiti, bottiglie, contenitori, reti per la pesca e oggetti di uso quotidiano.
L’isola di plastica dell’Oceano Pacifico non è stabile, ma si muove in base alle correnti, tuttavia è localizzata all’incirca tra la costa della California e le isole Hawaii. È considerata l’isola di plastica più grande al mondo, con un’estensione che secondo le stime potrebbe andare da 700 mila fino a 10 milioni di Km², ovvero le dimensioni della Penisola Iberica o del Canada.
Questa garbage island non si estende soltanto in superficie, ma anche in profondità, creando un substrato di materiale plastico in decomposizione particolarmente nocivo per la vita marina. Il deterioramento degli oggetti, infatti, porta alla formazione delle microplastiche, minuscole particelle di plastica che vengono ingerite dai pesci e in seguito anche dall’uomo.
Benché fosse nota fin dagli anni ’80, la Great Pacific Garbage Patch è stata scoperta ufficialmente soltanto nel 1997 durante una competizione velica dalle Hawaii alla California. Secondo l’UNEP, il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite, l’isola di rifiuti del Pacifico continua a crescere ogni anno, con l’apporto di circa 1 milione di tonnellate di immondizia l’anno.
Nel complesso, le stime degli scienziati indicano che il Pacific Trash Vortex potrebbe contenere da 3 a 100 milioni di tonnellate di immondizia, rifiuti composti per la maggior parte da materiali plastici. Inizialmente si pensava che non fosse possibile nessuna forma di vita nei pressi di questo immenso ammasso di immondizia, tuttavia le ultime ricerche hanno evidenziato una situazione preoccupante.
Da uno studio pubblicato su Nature Communications, nel 2011 c’è stata una migrazione considerevole di specie dalla costa al mare aperto, spinte dall’introduzione di tonnellate di detriti prodotti dallo tsunami che colpì il Giappone. Molte specie che abitavano la costa si spostarono verso l’oceano, creando qui il loro nuovo habitat.
La proliferazione di vita nell’isola di plastica del Pacifico preoccupa la comunità scientifica, in quanto i rifiuti potrebbero fungere da mezzi di trasporto per alcune specie animali. Questo meccanismo potrebbe alterare gli equilibri degli ecosistemi marini, spingendo delle specie invasive verso la costa e aumentando i danni indiretti dell’inquinamento da microplastiche.
La Great Pacific Garbage Patch non è l’unica isola di immondizia negli oceani, infatti quelle di dimensioni elevate e allarmanti sarebbero almeno 6, alle quali bisogna aggiungere tutti gli altri ammassi di detriti meno compatti e più difficili da rilevare.
Per risolvere questo problema si stanno sviluppando diverse tecnologie, tuttavia non esiste al momento una soluzione ottimale per rimuovere la plastica dagli oceani. Una delle opzioni è ripescare la plastica utilizzando delle navi e delle reti immense, operazione portata avanti da Ocean Cleanup ma fortemente criticata dagli ambientalisti.
Questo processo, infatti, non solo comporterebbe la cattura involontaria di numerose specie marine, ma richiede l’utilizzo di imbarcazioni che rilasciano grandi quantità di gas serra dell’atmosfera. L’operazione presenta anche costi elevati, ad ogni modo Ocean Cleanup sta lavorando a delle soluzioni per abbattere i costi e ridurre l’inquinamento atmosferico, ad esempio usando carburanti alternativi più ecologici per le navi.
Se gli scienziati stanno lavorando per capire come eliminare la plastica dagli oceani, ognuno di noi può fare la sua parte riducendo la quantità di materiali plastici utilizzati. Ciò è possibile preferendo i prodotti non plastici e riutilizzabili, come le borracce di alluminio o le buste della spesa biodegradabili e compostabili, oppure bevendo l’acqua potabile del rubinetto al posto di quella in bottiglia.
Inoltre è importante diminuire l’uso delle fonti fossili, poiché la plastica è un materiale derivato dal petrolio, perciò ricorrendo di più alle energie rinnovabili si può indirettamente ridurre la presenza di questi materiali all’interno della società. Noi di Pulsee non solo proponiamo offerte luce e gas green perché prodotti da fonti rinnovabili e sostenibili, ma certifichiamo le buone abitudini di consumo per chi vuole vivere green e ridurre la propria carbon footprint.