Insetti made in Italy: il cibo del futuro?
Consumo consapevole
È un cibo sostenibile, altamente proteico, gustoso e viene consumato già da millenni in Oriente, Oceania e in Africa. Di cosa stiamo parlando? Di insetti: un prodotto che è parzialmente nel nostro presente ma che si candida a diventare presto il nostro futuro.
Sì, perché questa rivoluzione culinaria sta investendo anche il mercato occidentale grazie alla normativa novel food che dal 2017 ne regolamenta il commercio, a patto che gli insetti provengano da allevamenti certificati e siano varietà consumate abitualmente in alcuni Paesi del mondo.
Nel 2019 sono state prodotte circa 500 tonnellate di prodotti a base di insetti e si prevede un trend in crescita, che raggiungerà le 260,000 tonnellate nel 2030. Parlando “in soldoni”, probabilmente nei prossimi 5 anni il commercio di questo “nuovo cibo” potrebbe toccare gli 1,5 miliardi di dollari.
Anche se in Italia potrebbe sembrare strano, in quanto Paese dalle tradizioni culinarie consolidate e culla di alcune prelibatezze che ci caratterizzano come eccellenza del mondo, la crescita di questa cifra è auspicata sia dai ricercatori scientifici che dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. Quest’ultima in particolare ha esortato tutti a sfruttare maggiormente questa risorsa per differenziare la nostra alimentazione e, soprattutto, per adottarla come ottima alternativa sostenibile ai cibi animali consumati oggi. Potrebbe non essere una questione di scelta considerando la crisi ambientale e i problemi di sostenibilità dell'approvvigionamento alimentare.
I ricercatori già da anni denunciano le conseguenze che la produzione di proteine da fonti animali hanno attualmente sull'ambiente, le quali aumenterebbero considerevolmente se dovessero sfamare tutti i 9 miliardi di persone che - si prospetta - abiteranno il pianeta nel 2050. Per un chilo di carne bovina, ad esempio, si consumano da 7 a 10 chili di mangime; senza considerare il fatto che il 14,5% delle emissioni di gas serra attuali sono causate dall'allevamento di bestiame.
Già parte della popolazione ha deciso di nutrirsi con proteine alternative alla carne o ai derivati (durante i mesi di pandemia il consumo di carne è crollato del 30%), dimostrando che le nostre abitudini possono cambiare. Ma ciò non è sufficiente per scongiurare i disastri ecologici che prevede la comunità scientifica.
Gli insetti sembrano una prima buona soluzione a questo problema: sono estremamente proteici (hanno il 70% di proteine, 2-3 volte maggiore rispetto alla carne rossa), gustosi - soprattutto se mangiati arrostiti -, nutrienti e la loro produzione risparmia acqua ed energia, inquinando di meno. Ecco un dato esplicativo: i grilli emettono meno dello 0,1% delle emissioni di gas serra delle mucche per produrre la stessa quantità di proteine.
È in questo contesto che il "cibo del futuro" - un alimento che promette di essere buono per l’uomo, per gli animali e per l'ambiente - sta assumendo progressivamente più fascino. Da un sondaggio del 2017 svolto dalla Società Umanitaria su un campione di 500 persone è emerso che in Italia abbattere il muro del rifiuto degli insetti non è impossibile. Circa la metà degli intervistati è concorde con la liberalizzazione del commercio. Quando si è trattato di esplorare quanti di loro li avrebbero mangiati, la percentuale si è abbassata ma il numero è rimasto comunque elevato: gli intervistati propensi ad assaggiare insetti sono il 28% . Il 44,5% sarebbe disponibile a mangiare le formiche e, nel 22% dei casi, senza camuffarle. L’interesse è maggiore tra chi consuma spesso cibo etnico, è attento all'inquinamento ambientale o è nato dopo gli anni Novanta. Sono infatti i giovani quelli maggiormente propensi a compiere scelte sostenibili ed etiche, compreso il fatto di abituarsi a chiedere a un amico: “Ti va un sushino di lombrico stasera?”.
Ma, come si suol dire, in ogni cosa ci sono dei compromessi e il contesto degli insetti edibili non costituisce un’eccezione a questa regola. Gli italiani accetterebbero nel loro piatto grilli, cavallette, tarli, camole e cicale, a patto che vengano serviti in una forma non direttamente riconoscibile.
E la realtà dà ragione al sondaggio: nei menù dei ristoranti ancora non possiamo scegliere tra antipasti a base di vermi, pasta con sugo di cavallette o biscotti con gocce di larva, ma potrebbe essere possibile decidere di assaggiare una birra belga prodotta grazie alla combinazione di metodi tradizionali e il sapore unico degli insetti.
Infatti, le proposte più interessanti sono da ricercare non solo nel consumo dell’insetto nella sua forma naturale ma nell’utilizzo di derivati come validi sostituti delle materie prime abituali. Uno degli settori che meglio si è prestato alla trasformazione da tradizionale a innovativo sono i farinacei: snack, barrette e pasta prodotte con farina di insetti stanno facendo sempre più successo. Ma questo mercato si sta spingendo verso altre prospettive mirando a un prodotto maggiormente raffinato, come per esempio olio, burger e bevande.
Di fronte a queste prospettive, una startup fondata da italiani, ha lanciato a Londra una nuova linea di cracker proteici a base di farina di grillo. La neonata impresa è Small Giants ed è nata dalla volontà di vincere le resistenze delle persone di fronte agli insetti trasformandoli in cibi che sono presenti da sempre nella dispensa delle persone.
“Le persone sono sempre più consapevoli di tutti gli ottimi motivi per cui includere anche gli insetti nella dieta, ma continuano ad essere frenate nell’assaggiarli. Con i nostri cracker vogliamo aiutare tutti a superare questa diffidenza iniziale, aiutandoli a trovare una fonte alternativa di proteine sostenibili” - Francesco Majno, chief marketing officer di Small Giants
L’altra frontiera degli investimenti di questo nuovo mercato è il mangime per altri animali. Attualmente, la maggior parte dei ricavi proviene dal cibo per gli animali domestici. Per esempio, in Australia i cani possono abbuffarsi di biscotti di zucca e tarme della farina, mentre in Europa si vendono una serie infinita di snack per animali che hanno tra gli ingredienti larve di mosca soldato nera.
In questo modo il cibo degli animali ha un minore impatto ambientale perché, anche se già oggi la componente di carne nel cibo per gli animali domestici proviene da parti animali non consumata dall’uomo, l’effetto sull’ambiente risulta essere ancora più basso. Si tratta quindi di un passo avanti perché va a eliminare quella quota di 1-3% delle emissioni di Co2 prodotte da questo mercato.
Ma i mangimi a base di insetti vengono utilizzati anche per l'acquacoltura e per il bestiame. Nel 2022 l'Ue permetterà agli agricoltori di nutrire suini e pollame con insetti, andando a snellire questo enorme mercato: nell'Unione europea ci sono 146 milioni di maiali e ogni anno vengono macellati 7,2 miliardi di polli. Questi ultimi sono allevati per la maggior parte con la soia, estremamente economica ma che in sé è un problema per l’occupazione di terreno coltivabile.
Di certo gli insetti forniscono un mangime molto più sostenibile: possono nutrirsi anche autonomamente, possono essere utilizzati come fertilizzante, sono eccellenti trasformatori di scarti alimentari in nutrienti di alta qualità e risolverebbero il problema dei terreni coltivabili, che vengono utilizzati per il 33% per nutrire il bestiame.
Tuttavia, si tratta di un modello di business efficiente solo in parte. La dottoressa Sarah Beynon, entomologa che gestisce un allevamento intensivo di insetti in attività, teme che l'uso degli insetti per l'alimentazione del bestiame possa servire a incrementare un sistema disfunzionale perché non attacca il problema in sè, ossia il consumo eccessivo di carne. Inoltre, per la specialista è un passaggio insostenibile quello di «dare in pasto i sottoprodotti dell'agricoltura vegetale agli insetti, che poi vengono immessi in un sistema di allevamento animale. Più passaggi ci sono nella catena alimentare, più energia e cibo si spreca. È sempre più efficiente e sostenibile fare un passo indietro».
Gli standard occidentali di benessere vengono considerati dai Paesi in via di sviluppo come qualcosa a cui aspirare, ma in realtà anche nella nostra longeva cultura le tradizioni e le competenze locali si stanno contaminando progressivamente.
È bello continuare a cucinare e consumare i cibi “della nonna”, oppure vedere nelle vie del centro l’insegna “Osteria da Gianni, dal 1954”, ma è altrettanto un dato di fatto che non è passato molto tempo da quando il sashimi, gli involtini primavera o il pollo tandoori erano considerati stravaganti e inutili nella già perfetta dieta mediterranea.
Il vero punto di svolta del novel food avverrà quando gli insetti entreranno nei menù delle mense scolastiche. Sì, perché come afferma dottoressa Sarah Beynon - esperta in questo settore - la via per un futuro migliore passa attraverso l’educazione e le abitudini. Se i bambini di oggi crescono con la consapevolezza di dover fare scelte sostenibili per assicurarsi una vita sana e che mangiare insetti edibili è una di queste, si andrà verso una progressiva normalizzazione di questo nuovo alimento.
Insomma, un cibo buono e anche sostenibile sotto tutti i punti di vista… perché no?