Quanta energia consuma il settore bancario e finanziario?
Consumo consapevole
Negli ultimi anni le nostre TV e i siti online dei giornali si sono popolati di notizie relative ai “minatori” della criptovaluta Bitcoin, con immagini dei loro computer assemblati appositamente allo scopo, parallelamente ai primi report sulla grande quantità di energia necessaria a queste operazioni.
Secondo il Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index dell’Università di Cambridge, la quantità di energia necessaria in un anno per l’intero network che ruota attorno ai Bitcoin è pari a 93,33 TWh (con una stima massima di 179,41 TWh). Per stabilire un termine di paragone, un paese come l’Argentina, con i suoi 45 milioni di abitanti, nel 2020 ha consumato un ammontare di energia pari a 124 TWh.
Il Bitcoin non rappresenta l’unico consumatore di energia: le altre criptovalute usano sistemi simili, così come le operazioni di mining necessarie a generare un NFT. Per tornare a un esempio reale, per un acquisto di un NFT verificato dalla blockchain della criptovaluta Ethereum vengono consumati 48.14 kWh, pari al consumo giornaliero di un’abitazione.
E la finanza tradizionale quanto consuma? I circuiti bancari tradizionali non solo processano ogni giorno una quantità esponenzialmente più alta di transazioni rispetto a quelle delle criptovalute, ma a queste va aggiunto il consumo di energia generato dalle filiali fisiche delle banche e istituti di credito sparsi per il mondo.
Una ricerca del broker Galaxy Digital ha provato a stimare i consumi di alcune industrie chiave della finanza: il sistema bancario, l’industria dell’oro e Bitcoin. La classifica vede l’industria bancaria al primo posto, con 238,92 TWh consumati all’anno, principalmente dai data center delle 100 principali banche mondiali, seguiti dal consumo delle loro filiali fisiche e solo in minima parte dall’energia usata per gli ATM e per le transazioni.
L’industria dell’oro si colloca su un piano simile, con un consumo di 240,61 TWh in un anno, calcolato direttamente dal World Gold Council delle operazioni di estrazione, trasporto e lavorazione.
Sebbene quindi il mercato delle criptovalute e degli NFT consumi molta energia per le singole transazioni, dobbiamo pensare che la quantità delle stesse è ancora molto piccola se confrontata rispetto al volume mondiale delle transazioni bancarie e finanziarie degli istituti tradizionali, che devono sostenere costi energetici della loro infrastruttura fisica e del personale.
Allo stato attuale è chiaro che saranno necessarie in futuro nuove forme di innovazione e investimenti volti alla riduzione delle emissioni di entrambi i sistemi, se si vuole diminuire sensibilmente l’impatto sul clima del settore finanziario. Iniziative come il Crypto Climate Accord, che punta alla decarbonizzazione completa dell’industria di criptovalute, o la Banking Environment Initiative, un accordo tra le maggiori banche mondiali impegnate nell'aprire percorsi per un'economia sostenibile del settore finanziario, vanno proprio in quella direzione.
Un esempio di azione concreta in questo ambito è quello che Pulsee ha presentato alla Design Week di Milano, con la prima collezione di NFT ad impatto zero: gli NFP (Non Fungible Places), per sensibilizzare sul cambiamento climatico e sulle azioni necessarie per invertire la rotta. Le opere sono state realizzate dall’artista Giuseppe La Spada e rappresentano luoghi iconici del nostro paese a rischio estinzione, come il Ghiacciaio dei Forni in Valtellina preda del riscaldamento globale e il Fiume Po minacciato dalla siccità di cui leggiamo costantemente sui principali mezzi di informazione. La collezione NFP è impatto zero perché tutte le attività preparatorie, di produzione e di esecuzione della mostra sono state compensate in termini di emissione di CO2.
Iniziative come questa sono un modo per compensare consumi altrimenti inevitabili, e sempre più player finanziari saranno indirizzati ad assumere comportamenti di questo tipo, se vogliono rendere tutto l’universo della finanza sostenibile dal punto di vista delle emissioni . Il settore bancario e finanziario ha delle leve molto importanti anche nella cosiddetta green finance, l’investimento in prodotti e aziende sostenibili e la valutazione di prestiti e investimenti sulla base di criteri di sostenibilità energetica e ambientale, che hanno visto una forte accelerazione negli ultimi anni. Attraverso delle politiche basate sul rispetto ambientale il settore finanziario e bancario può esercitare pressioni su aziende e consumatori per scelte più consapevoli e “green” , e occorrerà farlo al meglio, sia che si tratti di finanza “tradizionale”, che digitale.