Le alghe come arma di contrasto per la decarbonizzazione
Consumo consapevole
Se dovessimo immaginare delle soluzioni naturali per contrastare il cambiamento climatico, le prime cose a cui probabilmente penseremmo sarebbero le foreste – per il loro ruolo fondamentale nella cattura e stoccaggio di Co2 – e le energie rinnovabili. C’è altro però che dovrebbe venirci in mente: le alghe.
Come gli alberi sulla terra, infatti, nel mare le alghe intrappolano il carbonio presente nell’atmosfera attraverso la fotosintesi e, quando arrivano alla fase di decomposizione, il fondo marino assorbe la Co2 incamerata negli anni dalla piantagione marina. Secondo l’organizzazione no-profit Project Drawdown, attualmente la vegetazione nei mari sequestra 1,1 tonnellate di carbonio per ettaro ogni anno. Le previsioni fornite dallo stesso studio indicano che entro il 2050 le alghe potrebbero catturare da 1,84 a 2,28 gigatonnellate di Co2, che tradotte in un esempio pratico rappresentano orientativamente dal 61% al 76% delle emissioni annuali di tutte le automobili del mondo.
A beneficiare del potenziale di decarbonizzazione delle alghe marine non è solo il riscaldamento generale del pianeta, ma anche la salute di oceani e mari. Nel report State of the Global Climate 2021 dell'Organizzazione meteorologica mondiale, emerge che le acque mondiali – tra l’assorbimento attuato degli esseri viventi marini, come appunto le alghe, e quella immagazzinata direttamente dall’acqua – sono un deposito naturale di carbonio per il 23% della Co2 di origine antropica.
L’anidride carbonica, però, aumenta l’acidificazione dei mari, e se le emissioni di gas serra continueranno a essere così elevate gli oceani potrebbero diventare più acidi del 150% entro la fine del secolo. Un evidente problema, poiché l’aumento dell’acidità insieme a quello delle temperature delle acque rappresentano una grave minaccia per gli ecosistemi marini. Attualmente, i due fattori hanno già contribuito alla perdita di circa il 50% delle barriere coralline del mondo.
Come è evidente, il cambiamento climatico costituisce una minaccia non solo per le alghe, ma anche per tutte le altre piante che sostengono gli ecosistemi marini, come le fanerogame. Basti pensare, ad esempio, che la crescente acidificazione, combinata alle attività umane di sviluppo costiero e il deflusso urbano, industriale e agricolo nei mari, ha innescato un calo del 7% all’anno della vegetazione marina. Dato che emergono dal rapporto delle Nazioni Unite Out of the Blue: The Value of Seagrasses, che - per dare una rappresentazione grafica del problema - paragona tale danno alla perdita di un campo di calcio ricoperto di queste piante acquatiche ogni 30 minuti. Diventa sempre più necessario, allora, è aumento della vegetazione marina, in particolar modo delle alghe, perché potrebbero innescare un circolo virtuoso in cui, assorbendo il carbonio che acidifica le acque, favorirebbero gli ecosistemi marini e, a loro volta, la crescita di altre alghe e piante subacquee. Per questo motivo gli esperti climatici stanno cercando di incentivare la coltivazione di questa importante risorsa.
I Governi stessi assumono un ruolo cruciale nel favorire la prospezione dell’industria delle alghe e dovrebbero agire su due fronti. Il primo è indubbiamente la regolamentazione, poiché nella maggior parte del mondo non esistono regole chiare per la coltivazione e il processo di autorizzazione è complesso. Un esempio virtuoso viene offerto dalla Namibia, la quale ha stabilito regole chiare per la coltivazione di questa risorsa, comprese le norme sulla quantità che gli operatori possono raccogliere quotidianamente. Il secondo ruolo chiave dei governi è l’espansione delle competenze nella coltivazione delle alghe marine. Con l’aumento di una forza lavoro esperta in questo ambito, infatti, le coltivazioni della pianta marina potrebbero fiorire generando di conseguenza nuovi posti di lavoro.
Se questo accadesse, la coltivazione di alghe su larga scala potrebbe offrire una soluzione vantaggiosa a molti fattori. Verrebbero ridotte le emissioni e l’acidificazione dei mari, tramite la divulgazione del sapere rispetto alle sue proprietà verrebbero prodotti oggetti con materiali sostenibili a base di alghe – come bioimballaggi e biofertilizzante –, e potrebbero essere creati nuovi posti di lavoro con conseguenti ricadute economiche positive.