Stretta UE sugli imballaggi. Cosa cambierà?
Consumo consapevole
L’emergenza climatica in atto costringe l’Unione Europea a costanti sfide volte ad accelerare la transizione energetica. Dopo l’approvazione del Green Deal Europeo a fine 2019, infatti, da Bruxelles si sono succeduti numerosi provvedimenti legislativi per favorire un comportamento sostenibile, tra cui anche alcuni riguardanti gli imballaggi dei prodotti in commercio.
Stiamo parlando della revisione alla legislazione Ue sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio proposta dalla Commissione Europea lo scorso 30 novembre: ogni Stato membro dovrà ridurre i rifiuti da imballaggio del 15% nel prossimo ventennio. Per farlo, le strategie su cui punta principalmente l’Unione sono il riuso dei contenitori e il sistema del vuoto a rendere, con target vincolanti al 2030 e al 2040.
Poiché Bruxelles è intervenuta con un Regolamento - ben diverso dalla Direttiva -, lo strumento normativo riguarda tutti gli Stati membri, a cui non verrà dato spazio di scegliere in autonomia modelli o strumenti da applicare per raggiungere gli obiettivi. Il motivo di questa decisione - spiegano i tecnici dell’esecutivo Ue - è che nel 2020 ogni cittadino europeo ha generato quasi 180 chili di rifiuti. Senza un intervento adeguato gli scarti del packaging - compresi box del take-away e scatoloni dell’e-commerce - aumenterebbero del 19% entro il 2030. Ciò però costringe molte imprese ad adottare nuovi modelli di business e, di conseguenza, le polemiche non sono mancate. Così, anche la Commissione è scesa a patti e ha rivisto gli obiettivi proposti nella prima bozza, specie per i target di riutilizzo e di contenuto riciclato.
Il testo definitivo delinea delle regole molto specifiche. Ogni Stato dell’Unione dovrà ridurre i rifiuti di imballaggio pro capite del 15% entro il 2040 (il 5% entro il 2030, il 10% entro il 2035 e il 15% entro il 2040) attraverso il riutilizzo e il riciclaggio degli imballaggi. In questo modo verranno diminuiti del 37% i rifiuti UE rispetto allo scenario anticipato dai tecnici dell’esecutivo.
È previsto che anche le imprese si impegnino in questa sfida, infatti, le aziende operanti nel settore food dovranno offrire piatti pronti d’asporto o food delivery con packaging riutilizzabili, cui target di riuso sono stati fissati rispettivamente al 40% e al 50% entro il 2040. Per quanto riguarda le aziende di prodotti alimentari e non, è previsto che tutti i prodotti dovranno essere venduti in imballaggi riutilizzabili o ricaricabili. Per fare solo un esempio nel settore della ristorazione, le bevande dovranno essere servite in packaging che si possono usare nuovamente (tazze, bicchieri, borracce portate dai clienti) per il 20% entro il 2030 e per l’80% entro il 2040.
Circa quest’ultima nota del Regolamento UE è opportuno citare anche un’iniziativa in corso nel nostro Paese. Per far fronte al problema degli imballaggi di plastica che avvolgono ancora moltissimi prodotti disponibili in commercio - come sottolinea l’indagine condotta da Greenpeace -, il Ministro della transizione ecologica e il Ministro dello sviluppo economico hanno previsto un sostegno economico alle imprese che abbandonano il packaging usa e getta in favore alla vendita di prodotti sfusi o alla spina, oltre che al metodo di vendita zero waste. In Italia, già molte aziende hanno adottato questo nuovo approccio sostenibile per la vendita dei propri prodotti; un trend positivo destinato ad aumentare!
Addio anche ai cibi e bevande monouso consumati all’interno di ristoranti e caffè - compresse bustine di zucchero e spezie -, ai contenitori monouso per frutta e verdura e ai mini-flaconi di prodotti negli hotel. In questo modo verranno evitati imballaggi superflui.
Molte misure del nuovo Regolamento mirano a rendere gli imballaggi totalmente riciclabili entro il 2030, per questo sono stati definiti dei criteri di progettazione per le confezioni e dei sistemi vincolanti di vuoti a rendere su cauzione per le bottiglie di plastica e le lattine di alluminio. Tutti i prodotti, inoltre, dovranno avere le indicazioni di smaltimento stampate nel packaging, soprattutto per quelli compostabili.
Il lavoro delle imprese di packaging, però, non finisce qui, perché il testo prevede tassi vincolanti (il 35%) di contenuto riciclato che i produttori dovranno includere nei nuovi imballaggi di plastica. Una sola eccezione riguarda le bottiglie monouso, con un tasso vincolante del 30%, visto che con l'avanzare del tempo andranno scomparendo.
Il Regolamento proposto da Bruxelles impone alle imprese e agli esercenti di fare un grande sforzo di adattamento, è vero, ma le ripercussioni complessive sull’economia e sulla creazione di posti di lavoro nell’UE saranno positive. Inoltre gli obiettivi sono lodevoli: prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio e confezioni inutili, promuovere il riutilizzo e il riciclaggio di alta qualità ed evitare l’utilizzo di risorse naturali primarie, creando un mercato funzionante di materie prime secondarie, cioè riciclate.
I tecnici dell’esecutivo Ue, infatti, spiegano che entro il 2030 le misure proposte dovrebbero ridurre le emissioni di gas da effetto serra derivanti dagli imballaggi a 43 milioni di tonnellate rispetto alle 66 milioni di tonnellate che verrebbero liberate se tutto rimanesse com’è oggi, con il consumo di acqua che si ridurrebbe di 1,1 milioni di m3. A beneficiarne anche le economie dei Paesi dell’Unione, perché i costi dei danni ambientali si ridurrebbero di 6,4 miliardi di euro rispetto allo scenario di base attuale.